Assoluzioni per il tubo Tucker«Sentenza che lascia perplessi»
Patelmo: «Dovremo leggere le motivazioni ma siamo pronti a ricorrere in sede civile»

Il tubo Tucker
BELLUNO. Perplessità. E’ ciò che suscita la sentenza pronunciata dal giudice di primo grado del tribunale di Rimini sul caso Tucker. Perplessità per quell’assoluzione, in base all’articolo 530 secondo comma del codice di procedura penale, per i numerosi venditori (tra questi sei bellunesi), saliti sul banco degli imputati assieme alla mente Mirco Eusebi e alla moglie Ivana Ferrari. L’avvocato Paolo Patelmo, per conto dell’Adiconsum, ha rappresentato 40 bellunesi che avevano acquistato il tubo tucker: «Sono pronto a ricorrere al processo civile per ottenere il risarcimento dei danni subiti da tanti cittadini». Perplesso anche il responsabile della Federconusmatori di Belluno, Guido Mattera: «I consumatori sono rimasti con un pugno di mosche».
«E’ una sentenza», spiega Patelmo, «che, come tante altre, va a colpire chi, con artifizi e raggiri, crea gravi danni ai consumatori. In questo caso soprattutto installatori, che hanno fatto un investimento di sostanza in questo prodotto, ricorrendo anche al credito al consumo per finanziarsi. Questi ora si trovano costretti a pagare il debito, come richiedono le ingiunzioni che hanno ricevuto».
Come funzionava la truffa?
«Il sistema della truffa si basava nel trovare altri affiliati: la “cupola” della Tucker guadagnava sui nuovi affiliati, più che sulla vendita del prodotto. Più erano gli affiliati più guadagnava. Si era creata una “catena di sant’Antonio” che portava ad ampliare i guadagni di chi stava in cima».
Cosa succederà adesso?
«Attendiamo di leggere le motivazioni della sentenza che sarà depositata entro 90 giorni e le iniziative del pubblico ministero che aveva chiesto condanne pesanti per tutti. Credo, però, che l’assoluzione per l’art. 530 secondo capoverso c.p.p. con cui sono state sfoltite le responsabilità di tanti affiliati, non sarà impugnata dal pm, perchè è caduta l’associazione a delinquere. Resteranno le condanne per Eusebi e la moglie».
Lei ha parlato dell’assoluzione art. 530 comma 2. Cosa ne pensa?
«E’ difficile, a mio avviso, parlare di sprovveduti. Partecipando a quelle convention, chi aveva un po’ di capacità critica si sarebbe reso conto che non era quello il modo di fare marketing. Alla fine, secondo me, le persone che pensavano di guadagnarci sono rimaste, però la prova certa che effettivamente sapessero che il tubo non funzionava non si è raggiunta. Per risparmiare sul tempo, non è stata fatta nemmeno la perizia.
Adesso porterà la causa in sede civile?
«Le parti civili sono moltissime e il tribunale penale non ha esaminato la documentazione di ognuno. A ciascuno, però, è stato dato un risarcimento morale simbolico di 1000 euro, rimettendo al giudice civile il risarcimento per i danni materiali. E sarà in sede civile che sarano esaminate le testimonianze delle parti offese. Nei prossimi giorni convocherò i miei 40 assistiti, spiegherò cosa è successo. Appena sarà depositata la sentenza, andremo a giudizio civile, per chiedere un risarcimento. E possiamo ottenere qualcosa, visto che ho chiesto che il patrimonio sequestrato alla Tucker, pari a 3,5 milioni di euro, non sia sottratto alla disponibilità delle parti civili».
«Gli ingannati restano a mani vuote», commenta il responsabile della Federconsumatori di Belluno, Guido Mattera a margine della sentenza: «Tutto quetso mi lascia perplesso, anche se si dovranno attendere le motivazioni per capire bene cosa ha spinto il giudice a questa soluzione. Resta il fatto che molte persone (si consideri che la provincia di Belluno insieme con Rimini, era quella più interessata dal fenomeno del tubo) si erano fidate o di un imprenditore o di un vicino di casa, ma sono rimaste in braghe di tela».
Argomenti:tubo tucker
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