Arsiè, gli effetti del clima sul bosco: faggio al posto dell’abete rosso

La foresta comunale fra Cima Campo e Celado è pronta alla nuova vita dopo la devastazione di Vaia. I sessantamila euro che vengono dal Piano di sviluppo rurale saranno investiti in buona parte nella piantumazione di faggio, in luogo dell’abete rosso che si è dimostrato più vulnerabile agli attacchi climatici, e in parte nella bonifica del versante coinvolto che sarà lasciato a pascolo.
«Ci siamo avvalsi della consulenza del dottore forestale Andrich che ha guidato il Comune alla scelta più opportuna», dice il sindaco Luca Strappazzon. «Dalla nostra, abbiamo la fortuna di non dover investire il contributo erogato in asportazioni d’urgenza di legname che giace perché il bostrico non si è diffuso in maniera devastante, risparmiando le piante in salute. Così abbiamo potuto fare la scelta di nuove piantumazioni che potranno essere messe a dimora forse già dalla prossima primavera».
Il progetto definitivo di rigenerazione parziale del bosco compromesso dalla calamità Vaia, riguarda la dorsale Celado Col di Gnela con la tecnica degli impianti a collettivo di latifoglie, come si esplicita nella determina degli uffici comunali.
Cesare Lasen, socio dell’Accademia di Scienze Forestali, fa una premessa sull’importanza sia del «bosco che avanza» che delle «aree prative che una volta venivano regolarmente sfalciate». «L’alternanza di aree boscate e di aree prative può essere una componente utile per il paesaggio. E concordo sul fatto che invece di impiantare abete rosso che è più fragile, il bosco misto di riveli più resiliente. Ma tutto questo non prescinde, come immagino sia stato fatto nel caso specifico, da tutta una serie di requisiti che vanno dalla quota alle caratteristiche del suolo e delle condizioni climatiche. Così la scelta di non piantumare ovunque mi sembra la più corretta. Perché al rimboschimento pensa la natura. Laddove ci sia una vocazione forestale, il bosco si riforma comunque. E come in tanti altri luoghi, lo dimostra bene anche il Feltrino occidentale dove il bosco è stato tagliato molto, nel passato, per esigenze sia familiari che industriali».
La diffusività del bostrico si è rivelata meno impattante nell’Arsedese rispetto ad altri territori limitrofi. Ma anche in questo caso, si lasci il più possibile campo libero alla natura. L’accademico Lasen non nasconde che il parassita faccia danni. Ma dice anche, «il bostrico è un processo naturale, al pari di altri parassiti che possono popolare anche gli orti di casa. I competitori antagonisti hanno un ruolo importante, più efficace e certamente meno dannoso delle sostanze chimiche che si tende ad utilizzare».
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