«Architettura, è un lavoro di equilibrio»

Oggi nella sede della Magnifica Comunità di Pieve di Cadore un incontro con Andrea Bruno
Di Martina Reolon

PIEVE DI CADORE. Leggere i “passaggi” della storia e valorizzarli uno dopo l’altro, aggiungendo ancor più valore a ciò che già ne possiede. Questo deve essere, secondo Andrea Bruno, il lavoro dell’architetto. E di architettura, Bruno, ne sa più di qualcosa, visto che è uno dei professionisti italiani più conosciuti al mondo nel campo del restauro di edifici storici e di musei.

L’architetto, nato a Torino del 1931, sarà protagonista dell’appuntamento di oggi, con inizio alle 15, nella sede della Magnifica Comunità di Pieve di Cadore. La conferenza rientra nel calendario dell’Estate Tizianesca 2015, organizzata dal Centro studi Tiziano e Cadore.

Il titolo, “Fare disfare rifare architettura. Progettare l’esistente - dal Castello di Rivoli alla Cattedrale di Bragati”, rende bene il senso e il contenuto dell’evento. «L’uomo da sempre, sin dall’antichità, ha utilizzato l’architettura del passato: fortezze che poi sono diventate prigioni, moschee trasformate in ospedali e molto altro ancora», spiega Bruno. «Personalmente ho sempre lavorato in situazioni di questo tipo, in cui a fare “da padrona” è la trasformazione. Ed è questo il lavoro dell’architetto: progettare sull’esistente, su ciò che già è presente. Ed è un lavoro di equilibrio: per rendere funzionale un edificio che non lo è più bisogna, da un lato, riuscire a non perdere il valore originario e l’autenticità e, dall’altro, è necessario introdurre innovazione: si pensi, solo per citare un esempio, a quello che ha fatto Carlo Scarpa a Verona».

Nel suo curriculum Bruno vanta la progettazione di opere di tutto rispetto, portate avanti in tutto il mondo: per esempio l'Ambasciata d'Italia in Afghanistan, nel 1974 (paese dove, negli anni Sessanta, si dedicò al consolidamento della parete dei Buddha di Bamyan). Dallo stesso anno è consulente Unesco per il restauro e la conservazione del patrimonio artistico e culturale, incarico che lo ha portato a partecipare a numerose missioni ufficiali, specialmente in Medio Oriente e nel Nord Africa. Ma tra i suoi progetti ci sono anche il Musée de l'eau a Pont-en-Royans in Francia e il Castello di Lichtenberg in Alsazia, così come il Museo del Risorgimento di Torino a Palazzo Carignano.

«Nel caso dell’archeologia il tema centrale è la conservazione assoluta», sottolinea ancora Bruno. «Per l’architettura è diverso». Bruno parla anche delle ville venete, alcune delle quali hanno subito danni a causa del maltempo dei giorni scorsi. «La Soprintendenza è un organo di tutela e possiede un ruolo molto complesso e delicato», fa presente l’architetto. «Più che nelle regole, credo nei principi: le ville venete devono essere trattate con cura. L’importante è che ci siano bravi architetti in grado di rispettarne l’autenticità. Io sono comunque anche “dalla parte” di scelte innovative: per rendere riutilizzabile un bene bisogna anche avere coraggio».

«Il compito che si è posto Bruno nei suoi decenni di lavoro è stato far rivivere edifici che, nello stato in cui si trovavano, non erano più funzionali», mette in risalto Maria Giovanna Coletti, presidente della Fondazione Tiziano. «L’incontro in Magnifica sarà di estremo interesse e ci auguriamo possa accendersi un dibattito. Bruno è una persona di grande umanità, disponibilità e generosità. Siamo riusciti a entrare in contatto con lui tramite la Fondazione parigina Wilmotte, che gli aveva dedicato una mostra tenutasi a Venezia».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi