Apre una raccolta fondi sulla pagina Fb di Padola per stampare materiale a favore del collegamento

IL PERSONAGGIO
«Se è vero che le imprese possono trarre benefici concreti dell’ascolto dei propri clienti, a maggior ragione le strategie di sviluppo di un territorio non possono essere fatte senza sentire chi vive questi luoghi quotidianamente».
Saverio Favaron, 31 anni, padovano, ha studiato economia (management) all’Università di Padova e dal 2014 vive a Parigi per un dottorato di ricerca in strategia di impresa alla business school HEC Paris. Ma soprattutto è innamorato del Comelico.
Tanto da aver costituito su Facebook, nel febbraio 2009, il gruppo “Padola – Comelico Superiore” e da aver lanciato una colletta online.
«Abbiamo raccolto 280 euro in 48 ore, che abbiamo destinato alla stampa di manifesti, depliant, adesivi e quant’altro possa aiutare a far conoscere le ragioni del “sì” al collegamento. Chi vuole può donare all’indirizzo: bit. do/collettacomelico».
Perché “sì” secondo te?
«Qui non si tratta di costruire un nuovo impianto o comprensorio, ma di completare un progetto che sin dall’inizio doveva unire Comelico e Pusteria, e la cui sostenibilità economica era basata sulla sua completa realizzazione. Il rischio maggiore non è di dover chiudere o riadattare alcuni impianti a bassa quota, tra vent’anni, per i cambiamenti climatici, ma di chiudere l’impianto già presente a Padola nel giro di un paio di stagioni, perché da solo non è sostenibile».
Cosa ti lega a Padola?
« Dal 1995 trascorro parte delle mie vacanze estive in Comelico. Finché ho potuto, ci passavo tutto il mese di luglio con la famiglia e i nonni, che mi hanno trasmesso la passione per la montagna fin da piccolo. Amo la montagna in ogni stagione, ma ho anche capito quanto sia diversa e difficile la vita in un paese di qui nei periodi di bassa stagione, soprattuto in autunno e in primavera».
Ma c’è chi vede la costruzione di un impianto di risalita come uno sfregio alla montagna e propone un turismo lento.
«Non sono un fanatico dello sci, tante volte preferisco le pedule o le ciaspole a sci e scarponi. Ma non sopporto una montagna sofferente, fatta di case e locali chiusi per gran parte dell’anno. La vera bellezza nei paesi di montagna si trova dove c’è vitalità, balconi fioriti, accoglienza, sempre nel rispetto della natura. Basta guardare a pochi chilometri, in Alta Pusteria, per comprendere che molti tipi di turismo possono convivere, anzi, devono coesistere e sostenersi a vicenda. Le seggiovie, attive in inverno e in estate, e un turismo che valorizzi la grande ricchezza naturale, storica e gastronomica del territorio».
Secondo i tuoi studi di management, cosa può significare il collegamento per lo sviluppo turistico del posto?
«Nessuno pensa al collegamento come la soluzione di tutti i problemi che da anni affliggono il Comelico, ma sarà come una scintilla, un segnale di vitalità ritrovata. Con un fortissimo valore simbolico, che spero sia compreso da chi deve prendere decisioni a Roma in queste settimane. Una decisione positiva avrebbe indubbiamente effetti concreti sull’economia dell’intera valle; al contrario, una decisione negativa non solo priverebbe il Comelico di due impianti di risalita, ma spegnerebbe definitivamente la speranza di molti che in questi anni hanno resistito e atteso con enormi sacrifici». —
Stefano Vietina
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