Altri due medici pensionati in arrivo al Pronto soccorso

L’Usl ha stipulato con loro e con altri quattro specialisti ancora in attività dei contratti libero-professionali per far fronte alla carenza di personale
Una veduta interna del pronto soccorso pediatrico dell'ospedale civile di Brescia, in una immagine del 06 aprile 2018. .ANSA/FILIPPO VENEZIA
Una veduta interna del pronto soccorso pediatrico dell'ospedale civile di Brescia, in una immagine del 06 aprile 2018. .ANSA/FILIPPO VENEZIA



La carenza di medici negli ospedali si fa sentire e i pensionamenti non aiutano a risolvere la situazione. Anche se poi, una volta ritirati dall’attività, i camici bianchi ritornano a lavorare da liberi professionisti sempre negli ospedali della provincia dove operavano in precedenza.

pronto soccorso

Una delle situazioni più difficili ed esemplificativa è quella del Pronto soccorso per cui la Regione ha dato il via libera a 32 assunzioni. Ma ad oggi l’Usl è riuscita a coprire soltanto 11 posti di cui uno solo tramite assunzione di specialista, mentre tutti gli altri hanno contratti libero-professionali. Dopo i quattro medici, di cui uno pensionato, entrati in servizio dal giugno scorso, l’Usl ha conferito altri sei incarichi libero-professionali di cui quattro a medici ancora operativi e due a professionisti in pensione.

Tra questi ultimi, ci sono Antonio Tocchio, ex primario del Pronto soccorso di Pieve andato in pensione nel 2018 e Stefano Pariset chirurgo, ma con una specializzazione in urgenza-emergenza, con molti anni di attività nel Cadore e poi a Belluno, anche lui in pensione da qualche tempo. Gli altri quattro colleghi non ancora in quiescenza sono Vincenzo Di Girolamo di Terracina, Maria Serena Scaravilli di Legnano, Heba Hashem nata in Egitto e Antonino Morreale di Menfi.

«Si tratta di incarichi necessari per evitare l’interruzione di pubblico servizio che rischiamo con la carenza di personale», dicono dall’Usl, e aggiungono: «I concorsi indetti ed espletati hanno avuto esito negativo perché nessuno si è presentato alle prove. Anche gli avvisi di mobilità sono andati a vuoto come non ha dato esito positivo nemmeno la ricerca di medici interni perché nessuno ha la specializzazione in urgenza-emergenza». I professionisti dovranno svolgere la loro opera almeno per un anno, garantendo accessi diurni e notturni di 12 ore (600 euro i diurni e 480 i notturni), ma anche accessi di 4, 6, 8 ore retribuiti con 60 euro l’ora lordi.

Agordo e Pieve

Intanto sale la preoccupazione per cosa avverrà agli ospedali di Agordo e Pieve con il pensionamento, entro qualche mese, di due medici radiologi. Ad Agordo, ad esempio, lavorano ad oggi tre medici in Radiologia, ma con il pensionamento del dottor De Faveri previsto per febbraio, ne resteranno uno a tempo pieno e uno che arriva da Belluno alcuni giorni a settimana a dare una mano. Perdere un medico a febbraio, nel clou della stagione invernale sciistica, potrebbe essere deleterio, «se non viene subito sostituito da un altro professionista. E poi in caso di malattia o ferie, cosa succederà?», si chiedono alcuni cittadini che ricordano che De Faveri era «l’unico radiologo che si occupava anche delle mammografie. Quindi senza di lui questo esame sarà necessariamente refertato a Belluno». A Pieve di Cadore la situazione è la stessa. Anche qui ci sono tre radiologi, ma con l’uscita dall’attività della dottoressa De Gerone, ne resteranno due. Una situazione che si riscontra anche in Cardiologia dove in attività è rimasta una sola professionista, con l’aiuto alternato di un collega da Belluno. Una situazione che i cittadini vivono come un depotenziamento della struttura. —



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