Alpinista morto in Patagonia, lutto a Cortina

Corrado Pesce, nel 2016,era stato ospite di Cortina in Croda. «Perché mi avete invitato, non sono così famoso!». «Non invitiamo quelli famosi, ma quelli forti!», cominciò così.

Corrado 'Korra' Pesce, l'alpinista italiano originario di Novara, ma da anni residente a Chamonix, ferito da una scarica di pietre sul Cerro Torre, sulle Ande argentine, in una foto tratta da Facebook. FACEBOOK CORRADO PESCE ++ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE RIPRODOTTA O PUBBLICATA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE CUI SI RINVIA++
Corrado 'Korra' Pesce, l'alpinista italiano originario di Novara, ma da anni residente a Chamonix, ferito da una scarica di pietre sul Cerro Torre, sulle Ande argentine, in una foto tratta da Facebook. FACEBOOK CORRADO PESCE ++ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE RIPRODOTTA O PUBBLICATA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE CUI SI RINVIA++

CORTINA. C’è sgomento, a Cortina, per la morte di Korra, l’alpinista Corrado Pesce travolto da una valanga in Patagonia, sul Cerro Torre. E non solo per il legame viscerale tra Cortina e l’alpinismo, ma perché in molti avevano potuto ascoltarlo e dialogare con lui, nel 2016, quando era stato ospite di Cortina in Croda. «Perché mi avete invitato, non sono così famoso!». «Non invitiamo quelli famosi, ma quelli forti!», cominciò così. L’organizzazione è in lutto. 
Il corpo di Korra è stato fotografato da un drone 50 metri sotto la piattaforma dove aveva passato la notte col compagno argentino Tomas Roy Aguilò, che si è salvato. «A quell'altezza, e senza protezione adeguata, la morte per ipotermia arriva dopo massimo due ore», spiega Carolina Codó, medico argentino responsabile del Centro dei soccorsi alpini di El Chaltén.
L'incidente lungo la parete Est, in una zona pericolosissima e soggetta a continue valanghe, dopo aver conquistato la vetta del Cerro Torre, a quota 3.128 metri sulle Ande Argentine. Pesce e il compagno sono stati travolti nel corso della notte da una scarica di neve e di pietre. Aguiló è riuscito a calarsi lentamente in corda doppia, andando incontro alle squadre di
soccorso, dopo aver lasciato l'amico italiano, ferito in modo grave e impossibilitato a  muoversi, in un piccolo rifugio sulla parete,

noto come “box degli Inglesi”.

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