Alla scoperta di Davedino per capire cos’è Fodom “oltre” la veste turistica

Lucia Sottil, guida di mezza montagna, sfrutta il Covid e s’inventa un lavoro «Tanti dei miei ospiti non si capacitavano di come si possa vivere quassù» 

LA STORIA

“L’altro” turismo, ovvero quello che c’è oltre lo sci e il Covid: con Lucia alla scoperta di Davedino. Lucia Sottil, giovane fodoma da poco più di un anno diventata guida di media montagna, ha organizzato durante l’inverno delle passeggiate tra le frazioni del comune di Livinallongo per fare conoscere ai turisti le particolarità dei luoghi e come vivono i residenti tra i disagi e le difficoltà di abitare in montagna.

«Quest’inverno avevo deciso di sospendere l’attività di guida e di “fare la stagione” come cameriera in un rifugio ad Arabba», racconta Lucia, «poi purtroppo sappiamo tutti com’è andata. Così ho pensato che sarebbe stato interessante organizzare, per quei pochi turisti che sarebbero arrivati e che non avrebbero potuto sciare, un’escursione alla scoperta dell’altro lato di Fodom: quello lontano dalle piste da sci. D’altronde è ciò che mi sono prefissata quando ho deciso di diventare guida di media montagna: fare conoscere gli aspetti meno conosciuti della mia valle. Il turista è sempre più affascinato dagli sport e dalle attività che permettono di stare in mezzo alla natura, all’aria aperta, nel silenzio. Ed è anche curioso di vedere come vive la gente in montagna, nelle frazioni più disagiate: soprattutto in inverno. Ho scelto Davedino», continua Lucia, «perché in quella parte della valle ho i miei legami famigliari. E poi perché credo che Davedino sia la più caratteristica ed emblematica della nostra realtà. Il turista fa fatica ad immaginare come ci possa essere gente che vive in un posto così isolato, solitario, scomodo, durante inverni duri come quello che abbiamo appena trascorso, con nevicate super».

Com’era il programma delle gite?

«Si partiva a piccoli gruppi di 6 o 7 persone da Salesei di Sotto per poi proseguire verso Sottocrepa, Retiz, Foppa e Molinat. A Sottil ci fermavamo per un piccolo rinfresco a base di speck e assaggi dei formaggi della nostra latteria. Poi si proseguiva fino a Davedino. Lì raccontavo un po’ di storia. Di come, ad esempio, nel 1800, il paese, che era sotto l’Italia, passò a Fodom e all’Impero Austro Ungarico. A causa delle abbondanti nevicate, purtroppo capitava anche di imbattersi in qualche cervo o capriolo morto. Era l’occasione per spiegare come vive e sopravvive la fauna nei nostri territori».

Il paese vi accoglieva tra spesse coltri di neve sui tetti delle case. Il sentiero spalato quanto basta per passare in fila indiana. Come un tempo. Quale era la reazione dei turisti?

«Chiaramente di stupore. Non si capacitavano di come la gente faccia a viverci. Più d’uno mi ha detto che non ne sarebbe mai stato capace. Ma, chi sa, forse questo potrà contribuire pian piano a far comprendere alla gente di città la nostra essenza, la nostra mentalità, il nostro cuore di gente di montagna».

L’iniziativa ha avuto un ottimo successo, soprattutto durante il periodo di carnevale. I partecipanti perà erano solo veneti a causa del blocco degli spostamenti. E per il futuro?

«Per l’estate ho già altri programmi che sto finendo di mettere a punto», conclude Lucia, «ma il prossimo inverno penso proprio che questa idesa la riproporrò».

A Davedino sono rimasti in due: Pietro, che fa il maestro di sci, e Bruno, pensionato. Gli fanno compagnia i suoi conigli. I fratelli vanno quasi quotidianamente a sincerarsi che tutto vada bene. Irene, la mamma di Pietro, alla soglia dei 90 anni e con qualche acciacco, ha deciso invece che forse era più saggio trasferirsi a Pieve. In estate qualche oriundo torna ad aprire la casa dei genitori o dei nonni. Sempre che la strada non sia chiusa per qualche frana. Salendo dal Fondovalle si trova Sottil. La storica casa in legno che ha resistito alla Grande Guerra è vuota. Circa un chilometro dopo c’è il bivio per Sottinghiazza. Ci vive solo Andrea. Una volta erano almeno in trenta. Quasi tutti suonavano uno strumento musicale. Più in là Roncat, ormai disabitato da anni. Fino alla fine degli anni sessanta ospitava la scuola per i bambini di quelle frazioni. Una coppia, lui triestino lei di Reggio Emilia, ci aveva aperto un agriturismo Ma è durato poco. Da poco è stata venduta: diventerà un seconda casa. —



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