Al museo di Campo nuovi spazi e reperti dedicati alla guerra

Alano, inaugurata l’ala espositiva ampliata con più cimeli Bogana: «Raccolte qui storie tragiche ma anche di rinascita»

ALANO DI PIAVE. Prima che “civico storico territoriale”, il museo di Campo di Alano è il museo della memoria e della comunità. Due concetti che ieri – centesimo anniversario dell’ingresso dell’Italia in quella Grande guerra che ha fatto di Alano un importante e insanguinato campo di battaglia – hanno unito saldamente gli alanesi attorno all’inaugurazione della nuova ala espositiva, fornita di nuovi importanti manufatti, a partire dal mega forno da campo usato dal regio esercito durante la Prima guerra mondiale, donato dal mecenate siciliano Giuseppe Russello e piazzato giusto di fianco all'ingresso. Un bel colpo d'occhio.

«Questo museo raccoglie storie di guerra, di disperazione ma anche di ritorni, quelli che hanno permesso alla nostra terra di risorgere», ha esordito il sindaco Serenella Bogana, «questo luogo è diventato quello che è grazie al lavoro appassionato e costante dell'associazione Amici del museo, dei carabinieri di Quero, Pederobba, Montebelluna e della polizia di frontiera, che ci ha permesso di aumentare la nostra collezione donandoci un numero importante di reperti. Ringrazio particolarmente chi ogni lunedì sera è qui a lavorare, in prima persona il presidente Luca Turchetto. Oggi siamo chiamati a dire no ai conflitti e a riflettere sui rapporti umani quotidiani, per creare momenti di vera solidarietà». Al suo fianco Federico Della Torre, presidente dell’Unione montana feltrina che ha in parte contribuito al finanziamento dei lavori di ampliamento e ammodernamento: «Auguro a questo museo di diventare luogo di memoria, e non di retorica, dove gli adulti possano ricordare e i bambini imparare che ciò che qui è commemorato non deve più accadere».

Mentre banda del Comune di Alano ha intervallato i discorsi delle autorità con alcuni brani celebrativi della guerra, i bambini delle elementari hanno deposto i loro “mille papaveri rossi” a lato della scalinata del museo, replicando il rito che si è svolto ieri in 86 comuni veneti attraverso il progetto “Città invisibili” per creare momenti di promozione della letteratura, dell'arte, della scienza, del pensiero critico. I ragazzi delle medie hanno intonato per l'occasione “La guerra di Piero”.

Mario Loya, figlio di un combattente del 1899, ha regalato un'esortazione: «Solo un secolo è trascorso, ma oggi ci troviamo a sopportare sacrifici analoghi a quelli di allora. Perché l'uomo non adopera il cuore, invece della mente? Oggi consegniamo alle future generazioni un testimone di pace».

Dello stesso auspicio si è detto don Francesco Settimo prima della benedizione: «Bambini vigilate sui vostri giovani, e genitori, vigilate sui vostri figli: oggi siamo chiamati a fare la scelta di essere costruttori di pace». A fare gli onori di casa dopo il taglio del nastro non poteva che essere il presidente del museo Luca Turchetto: «A volte vengo qui da solo ad ascoltare le parole di morte e di sacrifici di questi oggetti. C'è una voce però che viene dalle montagne e che dà un'ordine secco: “Ricorda chi eravamo”. Entrate e ascoltate anche voi questa voce».

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