Al Fulcis 28 antiche armi “made in Belluno” del museo Correr
BELLUNO. Le spade tornano a casa. In realtà non si tratta solo di spade, ma anche di armi in asta, spade, schiavone, schiavonesche, stocchi e pugnali.
Erano da poco passate le 10 del 12 novembre quando il mezzo contenente due casse con 28 armi, prodotte tra il 1400 ed il 1500, ha varcato piazza Vittorio Emanuele, con destinazione Palazzo Fulcis. Ad attenderle un piccolo gruppo di persone. Rigorosamente con la mascherina, in prima fila c’era l’assessore Marco Perale ad accogliere l’arrivo di questi oggetti preziosi che andranno ad arricchire e impreziosire ulteriormente il museo cittadino.
Il loro straordinario viaggio, è iniziato da Venezia, visto che gli oggetti erano custoditi nelle soffitte di Museo Correr. Una volta all’interno del chiostro del museo, sono stati tolti dagli imballaggi tre oggetti che sono stati descritti da Luca Basile, profondo conoscitore delle armi bianche. La prima arma che è stata esposta è una Corsesca della seconda metà del ‘500, la seconda una schiavona della prima metà del ‘600, infine è stato possibile ammirare una targa, utilizzata come scudo, risalente alla seconda metà del ‘500.
I 28 pezzi saranno esposti in una sala al primo piano del Museo Civico, vicino alla stanza della collezione di Florio Miari e subito prima di quella con le teche dei gioielli antichi. Per l’esposizione al pubblico, però, bisognerà attendere, come spiega il conservatore del Fulcis Carlo Cavalli: «L’allestimento non sarà pronto prima del prossimo anno, visto che ora le spade dovranno essere sottoposte a un intervento di restauro: alcune sono in buono stato, altre presentano problemi di ossidazione e di patine dovute a vernici protettive».
L’arrivo di questi manufatti è stato possibile grazie a un contributo ottenuto dal Comune per un progetto Interreg Italia-Austria, che ha coinvolto anche il Circolo cultura e stampa bellunese, il Comune di Santa Giustina, l’università di Innsbruck e il Comune di Maniago, noto per la produzione di coltelli, ma anche per le armature medievali.
L’assessore alla cultura Marco Perale racconta l’evoluzione del progetto: «Abbiamo ripreso i contatti con il polo museale veneziano e abbiamo ripreso il progetto di riportare a Belluno parte delle spade, dal momento in cui abbiamo avuto a disposizione questo straordinario museo che è Palazzo Fulcis, un degno contenitore per questi pezzi preziosi. Con tutti i partner del progetto Klang, operatori tecnici, culturali, scientifici e comunicazionali, siamo riusciti a raggiungere l’obiettivo di dotare il Museo di Belluno di un primo nucleo di spade, per ora 28 pezzi, che sono tipologicamente e cronologicamente diverse. Descrivono quella che è stata per almeno tre secoli e mezzo una delle grandi industrie del Nord Italia. Belluno era un proto-distretto industriale che ha prodotto spade grazie all’intera filiera dei metalli, con le venti fucine della Valbelluna e il carbone delle foreste del Cansiglio. La filiera si spingeva fino al Vittoriese e su fino a Maniago».
Se oggi la provincia Belluno è un centro importante per l’occhiale, nel 1400 era un fulcro fondamentale per la produzione delle spade, con le fucine dell’epoca che lavoravano intensamente per fornire le armi alla Serenissima e agli imperi d’Europa del tempo, fino alla Turchia.
Su questo tema pone un particolare accento Luigino Boito, direttore del Circolo Cultura e Stampa, promotore e partner del progetto: «All’inizio del Seicento la nostra provincia produceva 1,1 milioni di libbre di ferro, 500 libbre di ferro crudo e 50 tonnellate di acciaio. Con questo materiale si producevano 2 mila spade per l’arsenale di Venezia e dal ferro crudo si ricavavano le palle di cannone, sempre destinate a Venezia. 72 mila spade vennero poi inviate nel mercato dell’Inghilterra e della Scozia. Una quantità enorme di un bene di altissima qualità. È stato il primo made in Italy bellunese, prima del gelato e dell’occhialeria». —
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