Agordo ha ricordato i caduti in montagna

AGORDO
Ottantasette nomi letti nell'assoluto silenzio di una chiesa piena di gente. La messa dei caduti della montagna, celebrata domenica sera nell'arcidiaconale di Agordo, si è dimostrata ancora una volta, la 36ª, un appuntamento estremamente sentito non solo dalla gente della montagna, ma anche da tutta la comunità agordina e bellunese che si è stretta nel ricordo di tutti gli agordini caduti in montagna e degli alpinisti morti sulle cime agordine. «Vogliamo ricordare, cioè riportare al centro del nostro cuore - ha detto l'arcidiacono monsignor Giorgio Lise durante l'omelia, interpretando gli ideali che nel 1976 animarono il Coro Agordo e l'allora arcidiacono don Carlo De Bernard nel promuovere l'iniziativa - persone e amici conosciuti e stimati non solo per la passione della montagna, ma anche per l’altruismo che ha segnato la loro vita fino a donarla perché altri non la perdessero».
L'elenco quest'anno si è arricchito con i nomi di Giorgio Moretti (Monti del Sole) e Italia Sutto (Agnèr). All'inizio della messa è stato inoltre rivolto un commosso ricordo alla memoria di Salvatore Santomaso e Lamberto Pietropoli (maestri del Coro Agordo), di Matteo Fiori, di Alberto Bonafede e Aldo Giustina, caduti tragicamente sul Pelmo lo scorso 31 agosto. A ricordarli, assieme ad alcuni sindaci agordini, era presente anche il primo cittadino di San Vito, Andrea Fiori, i genitori di Bonafede e Fabio Rufus Bristot, capo del soccorso alpino bellunese. Non ha voluto mancare neppure Armando Aste, 86 anni a gennaio, mito vivente dell'alpinismo, che è arrivato da Rovereto e ha apprezzato la riflessione di don Giorgio sul rapporto tra montagna e fede. «Nell’Antico Testamento - ha detto l'arcidiacono che ha celebrato con don Mario Zanon, don Elio Del Favero e don Severino Da Roit - il monte è sempre stato visto come il luogo della presenza e della manifestazione di Dio». Nel parallelismo tra vetta e fede, Don Giorgio ha citato anche Valter Bonatti: «la montagna più alta rimane sempre dentro di noi».
Gianni Santomaso
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