Addio alle slot machine «Mi sono tolta un peso»

Maila Malagò, titolare del Sunrise di Busche, ha disattivato le ultime macchinette «Vedevo il degrado di chi è affetto da ludopatia». Balen plaude alla scelta

CESIOMAGGIORE. Il sapore del caffè che prepara e che serve ha l’aroma di un caffè come si comanda, ma ha anche il gusto del coraggio e dell’etica.

Maila Malagò, titolare del bar Sunrise Caffè di Busche, ha rinunciato definitivamente alle due slot machines, liberando il locale da quella sorta di “istigazione alla dipendenza da gioco” favorita dallo Stato.

«Ne avevo tre, di una mi sono sbarazzata tempo fa, con le ultime due ho dovuto aspettare un anno per non rimetterci di tasca mia contro i ricatti del patto di stabilità con lo Stato. Per toglierle di mezzo subito, senza preavviso, avrei infatti dovuto pagare milleduecento euro a macchina, che è quello che incamera annualmente il governo per ogni pezzo subappaltato ai gestori. Adesso mi sono liberata da un peso, quello della destabilizzazione che pativo ogni giorno nel vedere il degrado esistenziale di chi è affetto da ludopatia».

Già per allontanare dagli occhi e dal cuore, l’immagine dell’altrui rovina, Maila aveva confinato le slot in un angolo defilato del locale. E ha cominciato a non caricare più il cambiamonete per raffreddare la compulsione dei clienti.

«Purtroppo non serviva nemmeno questo, bisognava proprio che mi sbarazzassi di tutto. E così ho fatto. Certo, il gioco incrementa il reddito anche degli esercenti, oltre che portare soldi nelle casse dello Stato. Ma la scelta che ho fatto mi ha sollevata. Perderò dieci clienti, ma potrò guadagnare in qualità della vita a livello personale e anche delle persone che frequentano il mio locale, delle quali non disattendo le aspettative».

Oltretutto, dice la ragazza, in quattordici anni di apertura del bar, il numero di furti subiti dalle bande specializzate in slot machines, ha raggiunto livelli da record provinciale.

«Già la clientela che frequenta i locali quasi esclusivamente per giocare espone i gestori ai rischi della microcriminalità, perché è quasi sempre molto connotata ed è difficile non pensare che da cosa, cioè dalla compulsione al gioco d’azzardo, non nasca cosa, cioè delle forme organizzate per alimentare il circolo vizioso».

La scelta di Maila Malagò, comunicata formalmente al comune di Cesio, è un buon esempio «di coraggio per il bene comunitario». Questo tiene a sottolineare il sindaco Michele Balen con l’auspicio «che tanti colleghi facciano la stessa scelta».

Una scelta non facile né indolore, dal punto di vista dell’indotto, dice il primo cittadino di Cesio, «ma che paga quanto a etica e contributi al bene comunitario, a fronte di un sistema statale che dovrebbe fare prevenzione rispetto a tutte le dipendenze di genere, prima fra tutte la ludopatia che è la più redditizia, e che invece ci lucra. Quello che non vuole capire lo Stato, glielo insegnano i gestori, come Maila Malagò alla quale vanno tutta la mia stima e simpatia».

Laura Milano

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