A Sitran d'Alpago, una bella esperienza

L'arte contemporanea per 13 anni in un paesino
A cosa serve. «C'è sempre qualcuno che, quando si parla di arte contemporanea, se ne salta fuori chiedendo a cosa serve. Penso all'esperienza di Sitran d'Alpago come a una specie di paradigma di tutte quelle iniziative cresciute e poi scomparse: nonostante l'importanza, nonostante l'unicità, nonostante molte cose. Per questo credo che sia necessario non perderne memoria».  E' in questo spirito che nel 2009 - a otto anni, cioè dall'ultima edizione della manifestazione - è nata la prima monografia su Portici Inattuali, firmata da Nicoletta Comar per l'associazione Amici dell'Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore e per il Comune di Puos.  Tredici anni di arte contemporanea in un paesino della montagna rurale. Oltre cento artisti da tutto il mondo. Decine di installazioni. Stalle, portici, cortili trasformati per il breve tempo che gira intorno alla sagra di Sant'Andrea, in novembre, e poi restituiti al silenzio per il resto dell'anno. E gente. Tonnellate di gente: tutti in fila, tra i vicoli, a guardare, a scoprire, a farsi sorprendere.  «Non volevo - scrive Nicoletta Comar - che questa pubblicazione risultasse la rievocazione nostalgica di una manifestazione conclusa, ma neanche un elenco sterile di più di cento artisti (...) provenienti non solo dall'Italia ma anche dall'Europa, dall'Asia e dall'America». Così, a mettere insieme la storia di Portici Inattuali (ideato inizialmente da Roberto Da Re Giustiniani, Giorgio Vazza e Daniele Bortoluzzi, a cui si affiancarono in seguito Flavio Da Rold e Gaetano Ricci) non sono solo le trascrizioni dei pieghevoli, le fotografie, le note degli artisti: sono anche le parole raccolte tra le case di quegli abitanti che si sono trovati a partecipare ad una stagione memorabile.  «Quello che resta dell'arte contemporanea, per esempio, è il restauro delle opere antiche», dice Nicoletta Comar. «Perchè Portici Inattuali ha contribuito alla restituzione di due opere di Frigimelica che sono un simbolo del legame antico di Sitran con l'arte. Ma quello che resta è anche una ricchezza mentale: tutti quelli che si sono confrontati con le installazioni di Sitran (pensate per quel luogo e nessun altro) sono entrati a fare parte di una sorta di laboratorio critico militante. Siamo cresciuti tutti con questa esperienza. Non ultima la gente del posto, per la quale l'arte non era una cosa da andare a vedere, ma una cosa che si faceva a casa propria, tutti insieme». (mi.fr.)

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