A Belluno mancano i farmacisti: non si trovano almeno 30 professionisti

L’allarme del presidente dell’Ordine: «Attività poco appetibile, speriamo nell’aumento dei servizi»

Paola Dall'Anese
Un farmacista mentre effettua una ricetta
Un farmacista mentre effettua una ricetta

La carenza di farmacisti si sta facendo sentire in provincia sempre di più. E la speranza è che puntando alla varietà di attività previste con il progetto della “farmacia dei servizi” questo impiego possa diventare più attrattivo.
Ne è convinto anche il neo presidente dell’Ordine dei farmacisti di Belluno, Alessandro Somacal che è stato rieletto a questa carica per la quarta volta consecutiva per altri quattro anni.

Insieme a lui, come vice Federica Schievenin responsabile del servizio di farmacia territoriale dell’Ulss. Quello del presidente dell’Ordine è un compito impegnativo se si considera che le attività a cui saranno saranno chiamati i professionisti nel prossimo futuro aumenteranno sempre di più a partire da teleconsulti, screening, esami e quant’altro.

La carenza di farmacisti

Sono 75 le farmacie operative in provincia e 285 i farmacisti iscritti all’Ordine. «Ma nelle nostre farmacie ne servirebbero almeno 20-30 di professionisti complessivamente», dice Somacal che aggiunge: «Le nostre strutture sono pesantemente sotto organico.E i motivi sono molti: innanzitutto la trappola demografica in cui siamo finiti in provincia per cui uno che va in pensione non viene sostituito. Il ricambio generazionale diventa sempre più difficile. Inoltre lo stipendio medio, pari a circa 1.500 euro al mese, non è così appetibile di fronte ad una richiesta di molte ore di lavoro. Infatti, con la legge Monti sono state ampliate le ore di apertura delle farmacie che dalle 40 ore settimanali sono passate ad una quantità imprecisata, visto che comunque le attività restano aperte anche con orario continuato e pure la domenica. Questo sicuramente rappresenta un vantaggio per l’utente, ma non si può dire altrettanto per i farmacisti».


Somacal quindi come presidente dell’Ordine pensa che «una moratoria sull’orario di apertura potrebbe essere importante: l’ideale sarebbe mettere un tetto all’orario, ma questo va fatto a livello norma nazionale».
C’è poi la questione che per un farmacista l’attività di vendita e consulenza sui farmaci può essere poco attrattiva. «Per questo importante sarà dare gambe al progetto della farmacia dei servizi, per avere un impiego meno ripetitivo», dice Somacal.

È indubbio però che, dopo il Covid, le farmacie sono diventate sempre più un punto di riferimento per la popolazione dove poter chiedere consigli perchè sono sempre aperte, cosa che non si può dire invece dei medici di famiglia per parlare con i quali bisogna prendere appuntamento e non è detto che venga dato nella stessa giornata.

I liberi professionisti

Ma se per qualcuno la professione non è allettante, per altri invece può diventare una fonte di reddito importante. Come per chi lavora in modo stagionale nelle farmacie o fa solo i turni notturni, come sottolineano Somacal e Roberto Grubissa, presidente di Federfarma. Ci sono farmacisti che preferiscono farsi la partita Iva e così «vengono chiamati per coprire malattie, notti, maternità», dice Somacal a cui fa eco Grubissa: «Molti di questi liberi professionisti, che spesso vengono da fuori provincia, lavorano come stagionali nei luoghi turistici o fanno le notti. Ma per ora non è un fenomeno molto diffuso nella nostra provincia».


Grubissa evidenzia poi che per attirare professionisti, «in provincia si è preferito attivare una libera contrattazione per cui ogni specialista viene pagato in modo diverso dai titolari di farmacia così da superare questa carenza cronica che ormai interessa il 20% delle nostre strutture»

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