«Zaia controlli: a Pieve non si partorisce più»

Una donna di San Pietro costretta a scendere a Belluno si sfoga col governatore «Lei di solito è persona informata su tutto, ma stavolta ha preso una cantonata»
SAN PIETRO. «Perché io, che abito in Comelico, sono stata costretta a venire a partorire a Belluno se, come lei sostiene, il punto nascita di Pieve è aperto?».


Così l’ingegner Alessia Costa, di San Pietro, si rivolge a Luca Zaia, commentando un’intervista recente rilasciata dal governatore al “
Corriere delle Alpi
”. Un caso isolato, quello della professionista? Niente affatto.


«E’ da mesi che non si nasce più a Pieve di Cadore, dove, invece, sono ancora possibili i diversi controlli ambulatoriali pre parto».


Ma è addirittura da anni – conferma la stessa Costa – che sempre più numerosi bambini del Comelico, non solo di Sappada, nascono a Tolmezzo.


55 minuti per raggiungere l’ospedale carnico, un’ora e un quarto per arrivare a Belluno.


Costa ha partorito poco prima dell’una, nella notte fra il 4 ed il 5 dicembre, appunto a Belluno.


«Per mia fortuna mi trovavo già in ospedale, ma se fossi stata costretta a partire di notte da San Pietro sarei riuscita ad approdare a Belluno senza conseguenze?», si chiede.


Ed ecco l’ingegnere rivolgersi ancora con insistenza a Zaia.


«Mi spiega perché, signor governatore, da un po' di tempo a questa parte nessuno nasce più nel paese di Tiziano se, come lei sostiene, il punto nascita di Pieve è aperto? Mi spiega perché tantissimi bambini del Comelico e di Sappada sono nati a Tolmezzo se, come lei sostiene, il punto nascita di Pieve è aperto e Tolmezzo è lontana? Perché non è vero che Tolmezzo è lontana e soprattutto non è assolutamente vero che il punto nascita di Pieve è aperto».


Dopo un apprezzamento a Zaia perché «personalmente l'ho sempre ritenuta una persona informata, che non parla per sentito dire ma perché ha in mano dati precisi», Costa obietta che, però, «in questo caso lei ha preso una cantonata mostruosa perché il punto nascita di Pieve è chiuso/closed/geschglossen; e quindi non racconti bugie dicendo che avremo ancora sappadini che nascono in Veneto. Forse se vanno a Belluno, ad un ora e mezza di distanza. E non invidio il travaglio di quelle povere mamme».


Il punto nascita di Pieve di Cadore può risultare aperto secondo le beneamate schede regionali – insiste la signora - ma questo non corrisponde alla realtà dei fatti. «Venga a vedere se non ci crede», conclude Costa con un invito, «e provi anche a parlare con qualche donna al termine della gravidanza che spera che non nevichi o che non ci sia traffico per poter arrivare in tempo all'ospedale di Belluno».


La Usl1 Dolomiti mette a disposizione le strutture di "casa tua" per ospitare le signore in gravidanza in prossimità della data del parto, «ma penso che ben poche possano permettersi di lasciare a casa il resto della famiglia per completare l'attesa vicino all'ospedale».


Uno dei problemi di Pieve di Cadore è che manca personale, medici in particolare. La carenza, purtroppo, si fa sentire anche a Belluno. «Provate ad incentivare economicamente», torna alla carica l’ingegner Costa, «chi sceglie di rimanere negli ospedali di montagna».


Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi