Sovramonte e Berna unite dal progetto per la lana di pecora

SOVRAMONTE. Il tesoro bianco dell'altopiano viene rivalutato in franchi svizzeri. Le pecore ci sono ed è pure in rampa di lancio un progetto “start up” per il recupero della razza autoctona “pecora di Lamon” (a condurlo è il Centro consorzi in collaborazione con l'istituto agrario di Vellai con il finanziamento della Regione e a loro si è aggiunto il Parco delle Dolomiti, che ha aderito con l'idea di poter dare un contributo in termini di formazione).
Ma la lana è considerata un prodotto di scarto, anzi un rifiuto speciale che andrebbe portato in discarica. Trasformarlo in risorsa con un filo diretto tra Sovramonte e Berna, usando la lana per una filiera tessile è l'obiettivo dell'iniziativa “Wool-Ti: innovazioni tecnologiche a servizio della valle”, sviluppato dall’associazione Pro Verzasca di cui fa parte la fattoria sovramontina Tita dal Casel, con la collaborazione della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (Supsi).
Questa partnership servirà a sviluppare il progetto “La cittadella dell'acqua e della lana” che coinvolgerà gli operatori agricoli dell’area dolomitica all’interno delle sette province Unesco tra Veneto, Friuli e Trentino. Quattro i presupposti: sostenibilità sociale, ripristino ambientale, rilancio occupazionale e uso intelligente dell’energia rinnovabile.
L’idea è di creare un distretto della lana, ma anche uno stabilimento per la produzione di mangimi biologici, puntando sulla mobilità elettrica e sull’uso dell’energia termica utilizzando le aree attualmente incolte, e di dare un contributo al problema dello smaltimento della lana che per gli allevatori rappresenta un costo.
In Italia è stata raccolta la manifestazione d’interesse del ministro all'Ambiente Gian Luca Galletti e il sostegno della senatrice Laura Puppato, mentre dalla Svizzera Reiner Lustenberger e Gianfranco Scaroni, esperti della commissione per le innovazioni tecnologiche di Berna, sono venuti a esaminare il lavoro svolto fin qui con la prospettiva di liberare i finanziamenti successivi della confederazione elvetica.
«Oggi che la mancanza di lavoro è drammatica, la partnership nata in Val Verzasca è un esempio di come dalla crisi si può emergere trasferendo a livello locale i processi virtuosi innescati in questa valle», il commento del titolare della fattoria Diego D’Incau.
«Stiamo sviluppando le tecnologie relative alla fase di lavaggio e di essiccazione», spiega Marzio Sorlini della Supsi, mentre il presidente dell’associazione Pro Verzasca e capo progetto Wool-Ti Marcel Bisi sottolinea come la raccolta della lana fornisca dei vantaggi per gli allevatori, anche se per ottenere risultati positivi c’è da lavorare per ottimizzare i conferimenti della materia prima: «Bisogna far capire al contadino che se ci presenta la lana in modo corretto anziché solo 80 centesimi o un franco al chilo può arrivare a riceverne cinque franchi al chilo. Ha quindi tutto l’interesse a pulirla e presentarla bene».
Questo il piano: a Gordola, Comune del Canton Ticino, un impianto tratterà circa 3 mila 500 chili di lana all'anno, senza uso di chimica. E attraverso la tecnologia a ultrasuoni e una corrente d’acqua per rimuovere grasso e sporco dalla lana, si avrà anche un notevole risparmio di acqua.
Raffaele Scottini
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi