Frane del Cadore, servono 60 milioni

Regione e Comuni battono cassa a Roma. Bottacin: «Servono interventi per la mitigazione del rischio in montagna»

BELLUNO. Servono 60 milioni di euro per mettere in sicurezza la Valle del Boite. E la stima rischia di essere al ribasso, considerando le frane che minacciano la vallata. Peaio, Cancia, San Vito, Chiappuzza, Acquabona, tutte località che convivono con la preoccupazione di colate detritiche e che tremano quando si scatena un temporale. «Le frane del Cadore tendono a innescarsi in maniera repentina a seguito di piogge intense», ha spiegato l'assessore regionale Gianpaolo Bottacin, che ieri ha incontrato i sindaci di Vodo, Borca, San Vito e Auronzo per fare il punto della situazione sugli interventi realizzati dopo il maltempo dell'estate 2015 e i programmi futuri. «Non è sufficiente riportare la situazione a com'era prima delle frane, servono opere di prevenzione».

Interventi che, per la Valle del Boite, costeranno almeno 60 milioni di euro. Circa 20 serviranno solo per sistemare la frana di Cancia. Gli interventi sono stati inseriti in un documento, che Bottacin ha condiviso con i sindaci e che invierà al Governo, attraverso il sottosegretario Bressa. L'obiettivo è ottenere le risorse necessarie per fare i lavori. È stato lo stesso Bressa a suggerire di preparare il documento e di farlo in fretta. Lo stato di emergenza, che era stato dichiarato per i Comuni del Cadore il 5 agosto, è stato prorogato fino a settembre. Entro quella data bisogna fare le richieste.

«Nella fase dell'emergenza sono stati effettuati diversi lavori, a cura di vari soggetti (Regione, Provincia, Comuni). La Regione ha messo subito tre milioni, poi un altro. Il Governo ne ha messi due e la Provincia circa mezzo milione». Questo nella fase dell'emergenza. Gli interventi avviati per la sistemazione dei paesi e delle infrastrutture lesionate dalle frane saranno completati quest'anno.

Nel frattempo si pensa a prevenire, con una lista di lavori che serviranno per mitigare il rischio. Si parte da Cortina. La frana di Acquabona non si può fermare, la soluzione è indirizzarla: «Sopra o sotto la statale», spiega Bottacin. «Inoltre è necessario un intervento di consolidamento a monte».

Arrivando a San Vito bisognerebbe rimuovere il materiale che si è depositato alla base dell'Antelao, a seguito del crollo avvenuto nel novembre 2014. Da quel punto è partita la colata che è scesa lungo il Ru Secco lo scorso agosto. «Va inoltre sistemato il tombotto, eliminando l'edificio che si trova sopra il canale», aggiunge l'assessore.

«Per quanto riguarda Cancia, ci sono le risorse per sistemare la parte a monte della frana, ma il progetto complessivo è più ampio e vale 20 milioni di euro».

Scendendo a Vodo, va ricostruito il ponte sulla ciclabile e vanno alzate le arginature sul Rudanna. Anche ad Auronzo c'è da ricostruire un ponte, a Grava Secca (costo 2 milioni di euro), mentre a Perarolo bisogna intervenire per mettere in sicurezza l'abitato dalla frana che lo minaccia.

Un elenco lungo, dettagliato, e che richiede parecchie risorse. «Ma consideriamo che 60 milioni di euro rappresentano il residuo fiscale del Veneto di un giorno», segnala Bottacin. «È necessario che lo Stato finanzi interventi di messa in sicurezza delle frane, considerando non solo il numero degli abitanti coinvolti dal pericolo, ma l’indice di rischio, cioè la gravità dei danni che l’evento può generare. Una frana può causare morte e distruzione e gli interventi di prevenzione diventano fondamentali». Governo avvisato.

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