Chiesa di San Martino «Una soluzione vuota architettonicamente»

L’ex sindaco di Erto e Casso, Italo Filippin spiega perchè ha disertato l’inaugurazione 

LA POLEMICA

«Ho rifiutato l’invito a partecipare alla cerimonia di benedizione del memoriale di San Martino perché il risultato mi lascia perplesso e amareggiato».

Parole dure quelle che l’ex sindaco di Erto e Casso, Italo Filippin, usa per commentare la recente inaugurazione del manufatto in acciaio e vetro alle porte della borgata di San Martino. L’antichissima chiesetta della frazione venne spazzata via dall’onda del Vajont la notte del 9 ottobre 1963 e da allora Filippin è uno dei promotori della sua ricostruzione.

«Dopo 57 anni di battaglie non posso accettare questa soluzione così vuota dal punto di vista architettonico», ha spiegato l’ex primo cittadino in una lettera inviata alla Curia di Pordenone–Concordia, al parroco e al Comune, «stiamo parlando di fatto di un involucro incompiuto. Non c’è traccia della storia dell’edificio né dei suoi affreschi e arredi. Infine ribadisco come non sia stata ancora fatta luce sulle somme erogate a suo tempo per il progetto. La parrocchia venne indennizzata per la perdita subita e il relativo risarcimento è stato gestito dalla Curia».

Alcuni giorni fa in paese si è tenuta una funzione laico religiosa a cui non ha presenziato l’ex amministratore. In prima fila c’era invece il vescovo, monsignor Giuseppe Pellegrini, insieme all’attuale sindaco Fernando Carrara.

Il memoriale è una sorta di contenitore in metallo che “protegge” le piastre del pavimento della chiesetta, l’unica porzione dell’immobile che si è salvata dalla catastrofe. Di qui la protesta di Italo Filippin e di altri residenti che non si considerano soddisfatti della scelta dei tecnici (il dissesto idrogeologico che caratterizza questo angolo di Val Vajont avrebbe impedito la realizzazione di opere in muratura).

«In ogni caso è mio dovere segnalare come questo luogo sia importantissimo per la memoria del Vajont e necessiti di un’adeguata sistemazione», ha concluso Filippin denunciando l’assenza di parcheggi, di percorsi pedonali e di luci esterne che rendono poco sicura la fruibilità del sito da parte di fedeli e turisti.

La cerimonia della stessaha registrato anche gli interventi del progettista, l’architetto Carla Sacchi, e della archeologa Raffaella Bortolin che ha condotto le ricerche e gli scavi insieme a Roberto Micheli della Soprintendenza di Trieste. —



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